di Samuel Cogliati Gorlier

Una casa editrice americana ha annunciato una piccola rivoluzione nel rapporto tra intelligenza artificiale ed editoria. Secondo France Culture, una delle emittenti radiofoniche pubbliche francesi, HarperCollins, colosso dell’edizione newyorkese con sedi in vari altri Paesi, proporrà infatti ai suoi autori una nuova tipologia di contratto. Per chi deciderà di accettarlo, il nuovo tipo di accordo prevedrà il pagamento di un corrispettivo – 2.500 dollari a opera – perché l’autore consenta a un programma di intelligenza artificiale (non meglio specificato, precisa la redazione di France Culture) di utilizzare per tre anni i propri testi per allenarsi.

Il processo di “allenamento” è la base dell’IA, che diventa tanto più articolata, potente e performante quanti più dati è in grado di accumulare e di trattare su base statistica. È questo infatti il principio – non creativo bensì meramente probabilistico – che fa funzionare un’IA generativa, rendendola efficiente.

Il nuovo criterio contrattualistico si propone come un’innovazione qualitativa in una diatriba finora particolarmente insidiosa e dibattuta: la gratuità o meno del materiale autoriale che un algoritmo di IA può utilizzare come informazioni per potenziare e perfezionare le proprie prestazioni. Un punto di discordia che negli scorsi mesi è ad esempio sfociato in un procedimento legale promosso dal New York Times contro OpenAI, che dava in pasto anche i contenuti del N.Y. Times ai propri algoritmi.

Sembrerebbe dunque un passo avanti: gli attori dell’intelligenza artificiale riconoscono finalmente che i materiali creati da esseri umani non possono essere usati liberamente, ma devono essere retribuiti.

La faccenda è tuttavia insidiosa.
Primo punto: gli autori che dovessero accettare il nuovo contratto, faranno il loro interesse? Non rischiano piuttosto di cedere alle lusinghe di un (tutto sommato magro) guadagno immediato, alimentando però nel contempo il potenziale di un concorrente di fronte al quale rischiano di soccombere ben presto perché molto più allettante per gli editori (maggiore rapidità; economicità; buona qualità del prodotto; minor margine di errore; nessuna rivendicazione sindacale… )?

In secondo luogo: gli autori in questione saranno davvero liberi di rifiutare il nuovo regime contrattualistico? Non siamo piuttosto di fronte all’ennesimo caso di “prendere o lasciare” senza possibilità di scelta?

Ancora una volta, oltre alla reputazione personale della penna, è forse solo l’originalità che può conferire la creatività umana a fare la differenza. Quanto meno finché l’IA non sarà così allenata e potente da mimare alla perfezione anche la stilistica e l’originalità dei veri autori! •


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